Si dice che questa foto abbia contribuito a cambiare il corso della Guerra del Vietnam, provocando, nel 1972, un’ondata emotiva irresistibile nell’opinione pubblica, contribuendo in maniera determinante a spingere il Governo Usa a ritirarsi da un conflitto divenuto ormai largamente impopolare.
Anche allora ci fu discussione sull’opportunità di pubblicarla, in particolare per il fatto che la bambina era nuda. Come racconta questo articolo de Il Post, chi prese la decisione di diffondere la foto “fu Horst Faas, capo dei fotografi dell’Associated Press nel Sudest asiatico, premio Pulitzer nel 1965 per le sue foto dal Vietnam e poi in quello stesso anno, nel 1972, per un reportage in Bangladesh”.
Oggi una discussione simile avviene sulla foto del piccolo migrante morto sulla spiaggia. Si discute sull’opportunità di pubblicarla, anche se è chiaro che rispetto a quello foto di 43 anni fa oggi il dibattito appare inattuale, visto che non bisogna attendere una decisione dell’Associated Press per vedere quello scatto su tutti i computer e telefoni del mondo, in poche ore.
Io non so dare una risposta, spero solo che fra 10 anni ricorderemo quella foto come un simbolo, esattamente come la “Napalm Girl”. E che potremo dire che da quel momento l’indifferenza colpevole di noi che stiamo da questa parte del mare è finalmente cessata. Che come la Napalm Girl ha dato una scossa definitiva all’opinione pubblica americana sull’orrore della Guerra in Vietnam, così il piccolo siriano ha contribuito a fermare la tragedia quotidiana dei morti in mare e messo in un angolo il cinismo di chi ci specula per ragioni elettorali.
Una canzone, Lalli, “Samira Piccola”